martedì 23 novembre 2010

LUCKY E POZZO: una rilettura di “Aspettando Godot” di Beckett


La rassegna ATTO TERZO questo giovedì 25 novembre è di scena con la compagnia REBIS TEATRO che calcherà il palco del Teatro Filippini con lo spettacolo Lucky e Pozzo.

"Dove sono, non lo so, non lo saprò mai, nel silenzio non lo sai, devi andare avanti, anche se non posso avanzare, andrò."

Lucky e Pozzo sono due vagabondi allacciati da un legame indissolubile: una corda che regge in mano Pozzo e che circonda come un cappio il collo di Lucky.
Lucky e Pozzo, scritto e diretto da Andrea Fazzini, parte da loro, dai due personaggi “minori” di "Aspettando Godot" di Samuel Beckett. Il lavoro è una rilettura inedita del celebre testo di Beckett che indaga e segue il dipanarsi delle dinamiche di oppressione e tirannia che si generano tra i personaggi del copione. Una scrittura che con i tempi e i modi di Beckett cerca di seguire il vagabondare dei due personaggi. Entrambi sono alla ricerca: non di un autore, ma di una meta, non semplicemente di un posto dove fermarsi, non di una stasi, ma di un culmine, di qualcosa che spezzi la logorante ripetitività del loro viaggio.
Lasciati soli, orfani anche dei due compari Vladimiro ed Estragone, Lucky e Pozzo sono due vagabondi.
Lucky è una sorta di bestia da soma che trascina il suo padrone lungo le desolate lande della terra, vivendo degli scarti lasciati da Pozzo lungo la strada.
Pozzo apparentemente è colui che comanda, ordina, che viene condotto come un imperatore, che esterna i propri pensieri.
Ma in questa versione i ruoli gradatamente si capovolgono. Pozzo nella seconda parte diverrà cieco, Lucky incredibilmente svelerà al pubblico la sua vera natura, o almeno una delle tante sue vere nature, ma ciò che rimane costante nel trascorrere del tempo è l’abulia del loro pellegrinaggio, l’incapacità di trovare un senso alla loro ricerca e allo stesso tempo l’impossibilità a rinunciarvi.

mercoledì 17 novembre 2010

rassegna Atto Terzo: L’ANORESSIA DIETRO LO SPECCHIO

Una notte come tante. Uno spazio vuoto. Un corpo si muove, prende quello spazio, lo fa girare vorticosamente intorno a sé fino allo stordimento, fino alla debolezza estrema che abbandona il corpo nelle mani di altri. Arrivano gli angeli.

Giovedì 18 novembre, alle ore 21, al Teatro Filippini viene presentato spettacolo “Dietro lo specchio: I believe in perfection” della Compagnia Teatrincorso Spazio 14.

“Dietro lo specchio” tocca l’argomento, contemporaneamente trendy e tabù, dell’anoressia, entità divinizzata che nel mondo del web si fa chiamare “ANA”. Lo spettacolo tocca le sponde del grottesco, strappa risate amare, ferisce.
Non si usa la parola anoressia nello spettacolo.
Ci si guarda bene dal portare in scena un personaggio etichettato come ‘l’anoressica’.
Perché la difficoltà messa in scena riguarda tutti, non può essere etichettata solo come ‘malattia’.
Le parole della nostra cultura e la loro micidiale capacità di ingabbiare piuttosto che liberare, di abbattere piuttosto che sollevare.

L’anoressia è la ricerca di un’ultima, estrema forma di comunicazione.

Attraverso il corpo e il suo flusso di pieni e di vuoti. L’essere umano non rinuncia mai a comunicare, anche se talvolta si trova costretto a comunicare con un apparente non-linguaggio. Non si tratta di fame o non fame di cibo: è l’impossibilità di essere se stessi che può condurre un essere umano a scegliere, pur non volendo, l’autodistruzione. Non abbiamo biografie da illustrare, solo esperienze da ripercorrere, sequenze di distrazione quotidiana da rallentare per guardarle meglio, meccanismi di difesa e offesa da estrapolare per vederli sotto un’altra luce, per renderci conto di cosa si tratta. Da altre ottiche.

Nello stomaco emozioni e sensazioni che chiedono di essere presi in considerazione, di essere messi sul tavolo. Come un pasto. Su quel tavolo intorno al quale la stirpe umana si siede per condividere il cibo, quindi il nutrimento, dunque la vita.

giovedì 11 novembre 2010

Piccolo assaggio dei laboratori nelle scuole

Un’operatrice smemorata ha conosciuto dei bambini di 5 anni che l’hanno aiutata a ricordare i colori, le forme…. Insieme hanno dato vita a molte opere artistiche racchiuse ora in una valigetta a ricordo del percorso.
Ma non solo!
I giovani “artisti” hanno concluso la storia che insieme avevano iniziato leggendo un libro intitolato La Leggenda dei colori, un libro che l’operatrice, guarda un po’, ha scordato chissà dove…

La storia che le hanno regalato è questa:

Un arcobaleno di tutti i colori
I colori che abitavano nei raggi del sole sono scesi sulla terra e hanno dato il colore ad ogni cosa.
Dopo tutto questo lavoro si sono addormentati.
Poi i colori si svegliano, aprono gli occhi e fanno merenda sul tavolo, ma non sanno dove andare perché non hanno una casa!
Arriva il temporale e finita la pioggia esce l’arcobaleno e i colori si possono arrampicare sopra e tornare nei raggi del sole.