giovedì 19 marzo 2009

22 marzo ore 11.15 Piazza Erbe Verona (in caso di pioggia Corte Mercato Vecchio)

Prosegue la scoperta dei grandi che hanno fatto Verona.

Per Biografie Musicali, l’Assessorato all’Istruzione presenta la Verona medioevale di Cangrande della Scala, la storia del principe armato che domina la città dall’alto di Castelvecchio, è raccontata ai bambini da una cantastorie sulle note di I Capuleti e i Montecchi di Bellini e la villanella “Canta lo cuco” di Marcantonio Pordenon

Ingresso libero e gratuito

Un principe armato e sorridente sul suo cavallo vigila Verona da Castelvecchio. Questa è l’immagine più conosciuta di Alberto I Canfrancesco, nato nel 1291 a Verona, terzogenito della famiglia della Scala, il condottiero che, nel 1298, viene investito dell’appellativo «Canis magnus» e nel giugno del 1308, al comando dell’esercito veronese e mantovano, sconfigge i guelfi bresciani segnando la prima di una serie di conquiste che rendono Cangrande della Scala eroe nel periodo buio della storia, guida politica e militare nel cuore del basso medioevo. Colui che cavalcando la storia ha difeso la città scaligera, ha esteso il suo territorio da Vicenza a Belluno passando per Feltre e Padova. L’eroe che in un’ottica di espansione, ha dimostrato di avere ottime doti diplomatiche e di saper tessere relazioni commerciali importanti, con Venezia nel 1323, con Padova nel 1320 grazie al trattato di pace e le alleanze che hanno reso la città scaligera punto economico e politico importante e significativo. Proprio per questo, per scoprire una parte della storia di Verona nella biografia di questo personaggio, l’Assessorato all’Istruzione del Comune di Verona, presenta nell’ambito della manifestazione culturale Biografie Musicali, domenica 22 marzo, ore 11.15, in piazza Erbe, gli episodi più significativi dell’eroica vita di Cangrande della Scala, un’occasione come afferma l’Assessore Alberto Benetti “per far conoscere ai bambini, in un giorno di festa e di condivisione con la propria famiglia, la vita del principe che ha segnato la storia di Verona e di come, i racconti e le leggende eroiche, siano intrise di rimandi con le tradizioni”. Dà voce a questo personaggio la regista ed attrice Catia Pongiluppi, sulle musiche di Bellini I Capuleti e i Montecchi “Oh! Quante volte o quante” (Aria di Giulietta) e “Tace il fragor” (Giulietta), di Charles Gounod, Romeo et Juliette, “Ah! Je veux vivre” (Aria di Juliette), di Marcantonio Pordenon, “Canta lo cuco”, villanella, una forma di canzone profana nata in Italia nella prima metà del XVI secolo. La direzione musicale è di Andrea Mannucci, esecuzioni di Elisa Luppi (soprano), Julie Butturini (chitarra), Olmo Chittò (percussioni).

giovedì 5 marzo 2009

Gli artisti e l'articolo di Alessandro Baricco

in seguito all’articolo comparso su LaRepubblica mercoledì 25 febbraio 2009:
Basta Fondi ai Teatri di Alessandro Baricco, abbiamo chiesto ad alcuni artisti veronesi di darci il loro parere.
Ecco ciò che ne è emerso…

“In linea di massima è impossibile contestare ciò che scrive Baricco: le istituzioni italiane che si occupano di cultura, nella fattispecie di teatro, sono obsolete, antiche; come antichi sono gli strumenti che utilizzano: non adeguati alle richieste del mercato contemporaneo nazionale ed internazionale.
Diventa naturale, quindi, che le attività a tali enti correlate, risentano della staticità di un sistema in stallo.
A prescindere inoltre dalla delicata fase di recessione dei mercati mondiali, è necessario sottolineare che l’Italia è un Paese biologicamente portato a vivere di turismo e cultura ma che tale vocazione è stata spesso dimenticata da enti ed istituzoni pubbliche e da investimenti strutturali carenti oppure veicolati erroneamente.
Che dire dei ca. 500 teatri chiusi, soprattutto nel meridione? oppure dei teatri iniziati e mai portati a termine, nonostante i cospicui fondi europei?
Che dire poi dei teatri aperti e regolarmente funzionanti?
Il loro modus vivendi è forse più vicino a quello di un circo, piuttosto che a quello di un teatro.
La carenza di attrezzature fisse in ciascuna struttura produce, infatti, dei veri e propri carrozzoni itineranti: furgoni stpati di attrezzi e strumenti necessari alla propria produzione che devono spostarsi assieme alla compagnia e che invece dovrebbero far parte di ogni teatro che si voglia definire tale.

Se le strutture fossero messe in grado di funzionare correttamente, ed i fondi erogati non fossero sperperati inutilmente – sport nazionale -, esisterebbero già le condizioni per creare nuove opportunità per le giovani generazioni, che oggi più che mai si trovano a lavorare in condizioni ridicole e talvolta mortificanti rispetto agli assetti europei.
L’Italia, infatti, rispetto agli altri Paesi d’Europa si trova ad essere il fanalino di coda quanto ad investimenti in questo settore e questa situazione crea inevitabilmente grosse difficoltà per chi fa teatro, che si ritrova soprattutto a dover sopravvivere, aggravato da un indebitamento generale prodotto dalla crisi economica in atto.

Ma chi manca all’appello sembrano essere soprattutto i giovani! E qui ci riferiamo sia a chi lo pratica sia a chi ne fruisce.
Dal punto di vista del pubblico, è indubbio che l’attenzione dei giovani sia rivolta più alla televisione e al cinema, forse perché il teatro italiano non sa indovinare il momento d’incontro coi giovani. Oltre ad un mea culpa, però, è necessario rendersi conto che un forte limite è dovuto al fatto dalla poca attenzione riservata dai media al nuovo.
E chiaro che tutto ciò rientra in un circolo vizioso: scarso interesse, poca visibilità, scarsa preparazione del pubblico a recepire nuove istanze artistiche.

E’ ovvio che anche dall’interno sia necessario rinnovare il teatro: la preparazione degli artisti, nonché la costanza nell’aggiornarsi e nel continuare a formarsi, devono essere un valore più forte della necessità di andare subito in scena.
Chi esce dalle scuole, poi, non ha la possibilità di mettersi immediatamente in gioco, di mettere le proprie capacità alla prova.
Ogni teatro italano rasente ancora dell ricerca del divo, del personaggio, ancor più che della qualità e dell’avanguardia;ma non dobbiamo dimenticare che i grandi maestri di oggi sono i giovani di ieri che sperimentavano, che facevano ricerca.

d’accordo con Baricco nel pensar una scuola che preveda un piano di valorizzazione delle arti nei curricula scolastici, che prevede non soo la teoria, ma anche la pratica, attraverso l’adeguamento delle strutture in questo senso (una palestra non è sempre sufficiente!).”

Artisti Associati