giovedì 16 ottobre 2008

a noi le classi piacciono miste...


Mai come ora in Italia, è necessario tenere conto dei processi di globalizzazione e dei contesti multiculturali in cui istituzioni, mercati e aziende si trovano ad operare per far fronte a nuove istanze e bisogni da integrare a quelli preesistenti.
Il riferimento alle richieste provenienti da comunità non tradizionalmente occidentali ma stabilitesi da tempo nel nosro Paese è ovvio.
L'italiano medio, insomma, è cambiato.
Non più la casalinga di Voghera o la “süra” di C.so Como quali target da tenere in considerazione.
O meglio: se la casalinga di Voghera, oggi, indossasse il Hijab?
Nell'immaginario di qualche decennio fa la donna islamica, complici una grossolana informazione ed un buonista interesse a riguardo, vedevano una donna velata rinchiusa in casa senza il permesso, non dico di un giro alla Rinascente, ma neppure all'alimentare sotto casa.
Ma cosa vuol dire, oggi, portare il Hijab?
L'oggetto è portatore di significato: lo sanno gli adolescenti che abbinano kefia a clarks o woolrich a prada.
Lo sa la Pina di Voghera che vorrebbe il bauletto di Vuitton.
Lo sa la studentessa di Filosofia che quel bauletto non lo porterebbe MAI, salvo poi spendere un'ira di iddio per un paio di Birkenstock per ogni stagione.
Ma più di tutti lo sanno le agenzie di comunicazione e gli uffici marketing.
L'oggetto è feticcio, l'oggetto è vettore di un desiderio.
Anche il Hijab, il velo.
Ma come cambia la percezione di esso tra le donne musulmane?
E cosa ci vedono le donne occidentali, spesso nascoste da un velo di trucco o una taglia 42??

Fondazione Aida, è promotrice, assieme a Grecia e Bulgaria di “ReConcArt, reconciliation through art - perceptions of Hijab”: un progetto che ha ottenuto il finanziamento della Commissione Europea per il programma Cultura 2007-2013.
L'iniziativa si propone di indagare il significato e l'uso del Hijab in Europa, per le donne musulmane e non, attraverso il linguaggio teatrale. Il percorso italiano ha trovato, tra l'altro, un luogo ideale di sviluppo del lavoro e individuazione delle persone da coinvolgere nella collocazione di Fondazione Aida in un quartiere, quello di Veronetta, ad alta concentrazione di immigrati musulmani. Una zona indubbiamente problematica, ma contemporaneamente ricca di input dal punto di vista culturale.

Alla fase di coinvolgimento di donne di estrazione sociale, cultura, relgione differenti, è seguita quella di un percorso laboratoriale teatrale quale “terra comune” di dialogo e comprensione tra di esse che sfocierà, a marzo, nel debutto dello spettacolo “Hijab – il Velo” la cui regia ed i cui testi sono stati affidati a Letizia Quintavalla e che sarà in turnèe durante la stagione estiva 2009.

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